Love story
“Love story” è la documentazione affettiva di una storia d’amore. Come reperti archeologici oggetti privati ed intimi raccontano, lasciano intuire qualcosa che è accaduto, qualcosa che è stato e che forse non sarà più. È la narrazione dolorosa e forzata di un distacco, la cicatrizzazione lenta di una ferita. È un codice segreto, un linguaggio soggettivo che solo in parte può essere compreso ma proprio per questo restituisce il mistero di un amore, sfiora ciò che per sua natura è impronunciabile. Ed ogni amore ha la sua canzone, i suoi segni, i suoi anniversari, le sue lettere, le sue paure. Ogni amore pensa di essere unico, ogni amore pensa di essere eterno. Ogni amore è nudo e solo. “Love story” è resoconto o forse già archeologia di una fine. Ho trattato gli oggetti personali come reperti museali affinché le immagini fossero pulite, in un certo senso “spoglie”, ed il simbolo fosse talmente potente da divenire quasi sovrabbondante nel momento in cui si va a leggere il significato della didascalia. Didascalia che si aggiunge alla laconicità del titolo, che vuole essere una specie di datazione sentimentale dell’oggetto, di geografia interna di un ritrovamento.
Le cose restano, rimangono come scheletri di materia, “durano”. Sono ingombranti e nello stesso tempo indifese, smarrite nel vuoto di un addio. Sono rumorose. “Love story” è stato il mio modo di rispondere al loro chiamare, è stato toccarle ancora, vederle per un’ultima volta. Perché, nonostante il dolore, non voglio vada persa la memoria del mio cuore.