Da un atlante del mondo difficile
[…]Alessandra Baldoni si affida allo sguardo innocente di bambini non ancora ragazzi per la sua narrazione carica di riferimenti nefasti. Spiccano i due omaggi ad Arthur Tress, misterioso fotografo che fu tra i primi ad utilizzare il corpo come mezzo per veicolare la paura: il ragazzo dalle mani e piedi di paglia appare sereno nell’esibire la sua deformità così come il bambino che posa nel campo di granturco devastato con alle spalle un uomo incappucciato. Conserva tutta la sua capacità di inquietare anche la donna in tunica bianca sdraiata nel bosco e osservata da figure irriconoscibili per via delle maschere che indossano, in una sorta di voyeurismo malato e spaventoso. La scelta non è casuale: la maschera è quella del cerusico, il medico della peste, che dopo secoli mantiene intatto il suo carico di ancestrale e insita minaccia. Nelle fotografie della Baldoni sembra essere lo sguardo l’elemento dominante per veicolare disagio. L’insieme trasmette un’inquietudine che trascende lo spirito per divenire quasi fisica.
Giacomo Pisano