ALESSANDRA BALDONI
“Il futuro non è più quello di una volta”
Lab 1930. Fotografia contemporanea via Mantova 21, Milano
29 ottobre – 20 dicembre 2024
Vernissage
martedì 29 ottobre h 18-20
Sarà presente l’artista
Orari di apertura
martedì – venerdì h 10-18 su appuntamento
Informazioni al pubblico elena@lab1930.com
“Il futuro non è più quello di una volta” (2023) è la serie di Alessandra Baldoni che viene proposta dal 29 ottobre al 20 dicembre 2024 nello spazio espositivo esclusivamente dedicato alla fotografia contemporanea Lab 1930 di via Mantova 21 a Milano dopo essere stato presentato per la prima volta alla Torre dei Lambardi di Magione (Perugia) nell’estate 2024.
In mostra ci sarà una selezione di 8 immagini tratta da questo recente lavoro di Alessandra Baldoni, concepito nel periodo della pandemia, quando era stato chiesto all’autrice di raccontare “lo stato delle cose” riflettendo sulle ripercussioni emotive e sulle ferite che si stavano aprendo.
“Il futuro non è più quello di una volta”, citazione di un verso da “The Way It Is” di Mark Strand, è un diario di bordo in una navigazione disorientata, una mappa sbagliata in una realtà in cui non si trovano più punti cardinali. Oltre agli scatti fotografici in mostra ci saranno alcuni antichi strumenti di orientamento geografico e testi poetici scritti da Alessandra Baldoni, anch’essi una sorta di bussola in questo viaggio distonico.
Il mondo era stato scardinato. L’orizzonte si era spostato fino a un punto estremo e cieco. Tutto era scontornato, perduto, da definire nuovamente. Le cose erano cambiate d’improvviso e sarebbero continuate a cambiare. Qualcosa si era innescato, lo avremmo scoperto in seguito, e avrebbe portato a una serie di accadimenti violenti e apparentemente inaspettati amplificando enormemente il senso di instabilità e incertezza.
Alessandra Baldoni nei suoi progetti cerca sempre di raccontare storie, di individuare trame – spesso appena visibili o sottotraccia – per dare significato a ciò che accade. Cerca un atlante, una geografia sentimentale che accosti suggestioni ed evidenze. Simboli che evocano, segni che sussurrano. Statue antiche, teatri vuoti, musei dove le opere restano sole e private degli sguardi, paesaggi, dettagli laconici, resti di un passaggio. Scoprire cosa era ed è mutato e come, indagare gli errori, i cortocircuiti e le soluzioni, ritrarre i volti – incerti e inermi – e farsi raccontare cosa sentono le persone dando corpo alle parole attraverso dettagli e situazioni, attraverso metafore.
Accompagna la mostra un catalogo con testo di Veruska Picchiarelli – medievista e curatrice della Galleria Nazionale dell’Umbria – che contiene la serie completa di 24 immagini oltre alle riflessioni poetiche di Alessandra Baldoni e la lirica di Mark Strand, da cui l’autrice ha tratto il titolo di questa sua opera.
Veruska Picchiarelli: “Nel lavoro di Alessandra Baldoni un’immagine non esiste per se stessa. Trova la sua completezza solo allacciandosi ad altre. O fondendosi alle parole. Solo così la complessità di un pensiero si risolve a concedersi alla sua espressione.
Ernst Gombrich riconosceva l’esistenza di un senso dell’ordine innato all’essere umano, grazie al quale nei posti più distanti e fra le più remote epoche si sono potuti produrre nell’atto creativo motivi simili e ricorrenti. Una struttura sottesa alla visione e al pensiero, dunque, intesa quasi come propria al patrimonio genetico comune, che ci fa percepire e riprodurre nell’immaginazione alcune forme, alcuni accostamenti. Sembrano nascere così le associazioni di Alessandra, che con libertà totale viaggia tra epoche e generi, storie e miti, filtrando con la più personale delle fantasie le suggestioni delle quali la sua mente si nutre.”