Alfabeto bianco
PERDERSI NELLE PAROLE E RITROVARSI NELLE IMMAGINI
Silvia Camporesi
Alfabeto bianco è il risultato di una residenza vinta da Alessandra Baldoni grazie al concorso Arteam Cup, a Sassello, un piccolo paese di poco meno di 2000 abitanti in provincia di Savona. L’autrice ha vissuto dieci giorni di novembre 2021 all’interno di un rifugio* fra i monti, in mezzo alla natura. Natura, bosco, stelle, animali, una rivelazione di dettagli appartenenti alle visioni più intime e profonde e un workshop condotto con un gruppo di bambini, l’hanno portata a pensare al tema dell’infanzia, a quanto essa sia un territorio pieno di incanto e al contempo di terrore. La riflessione di Alessandra parte dall’immaginario costruito all’interno delle favole in cui il tema dell’abbandono nel bosco è metafora del percorso di vita che ognuno di noi deve affrontare. Dare la vita a qualcuno è dare amore ma anche lasciarlo nel bosco, perché sai che prima o poi la vita lo ferirà. La natura incontaminata, madre e matrigna, ci porta nel mondo delle favole dei Fratelli Grimm, in cui il pericolo scorre al passo con la bellezza.
Le poesie che accompagnano le immagini sono una seconda forma di racconto, in continuità col modo di lavorare dell’autrice.
Nei giochi che furono era tutto uno scampare la morte ad ogni passo.
E’ il primo verso poetico che introduce l’immagine di due ragazzine in mezzo ad un prato, ricordando, nel soggetto e nella composizioni la serie della fotografa americana Alessandra Sanguinetti “The Adventures of Belinda and Guille and the Meaning of their Enigmatic Dreams”(2010). Il lavoro prosegue seguendo la formula già sperimentata in Atlas – After Mnemosyne (2018-2022), ovvero una sequenza di dittici, in cui i soggetti fotografati (in questo caso bambini, statue o parti di opere bidimensionali) sono abbinati ad elementi naturali e ad animali, in una modalità in cui la somma delle due immagini crea un nuovo livello, dall’aspetto di un enigma da risolvere, di rebus poetico. L’immagine di una mano, presa da un dipinto che non ci è dato conoscere nella sua interezza, si tende verso un paio di forbici, questa volta fotografate fisicamente su un tavolo, e il risultato è il sentimento di uno sforzo che non arriverà mai a compimento
Allunga la mano, cercami nel tempo azzurro dei prodigi, cercami lì dove il tappeto vola ed i sassolini portano a casa.
Questo andamento enigmatico e denso di inquietudine prosegue per tutto il lavoro, anche quando le immagini tornano ad essere singole, come nella fotografia di un muro tempestato di fori e ricoperto di edera secca; nel primo piano delle gambe di un Cristo deposto dalla croce e soprattutto nell’immagine finale, la testa mozzata della statua di una Biancaneve da giardino, massima inquietudine dentro al massimo enigma (Perché la testa è mozzata? Dove si trova? Perché Biancaneve ha la bocca aperta?).
Decapitata dal lieto fine, sono come l’oracolo. Io, bianca come la neve.
Non esiste una mappa per districare i pensieri e le sensazioni, nemmeno una scia di sassolini per uscire dal bosco, ci sono le parole che fanno da viatico poetico in questa selva di simboli, enigmi e attraenti seduzioni. Pertanto l’indicazione è perdersi nelle immagini e ritrovarsi nelle parole di questo speciale alfabeto.